BIUTIFUL | Il regista parla esperanto
Gennaio 2011. New York. Time Out. Una stella. Il “regista messicano” (cosi’ lo chiama il critico, con quella che a me pare una qualifica sgarbata) ha imbastito un melodramma manipolatorio che (gioco facile) maltratta emotivamente e fa venire voglia di spararti con un fucile. Cito, traducendo. Non capendola, il critico si offende per la storpiatura lessicale del titolo (nessuno tocchi lo spelling a un americano?). Incapace di intuirne la poesia, non vede che e’ proprio quell’imperfezione, quell’imperfetta ma tenace dedizione di paterno amor guerriero – in senso lato- la luce che illumina il buio, meravigliosamente. Guarda ma non vede, il critico. Non ci riesce. Parla, stizzito, di audacia della depressione, infastidito da quel che chiama pathos, probabilmente ignorando che cio’ che noi traduciamo come “emozione” o “sofferenza” per i Greci era una delle due forze che regolano l’animo umano, quella dionisiaca e misterica. Guarda ma non vede. Pieno di sarcasmo, banalizza, esondando risentimento e irritazione, mal mescolando tutto e accusando Iñárritu di “pseudoprofondità” ritenendolo colpevole, a suo giudizio, di aver frettolosamente e strumentalmente mischiato droga, puttane, cancro, sfruttamento del lavoro, disagio sociale e mentale, morte e spiritualita’ col solo risultato di trarne una caricatura ridicola. E di nuovo cita, a vanvera, i Greci. Non e’ una tragedia, tuona in chiusura. Ma una parodia.
Febbraio 2011. Londra. Time Out. Cinque stelle. In venti righe secche (al suo collega americano ce ne erano volute piu’ di sessanta) il critico inglese recensisce «Biutiful» come il miglior film in programmazione nella City. Scrive “Ho pianto, che altro devo dire?”. Senza vergognarsi di essersi fatto toccare da quel che ha visto, con pragmatica sintesi, sgombera subito il campo dai facili fraintendimenti: “non e’ un film per anime ascetiche”. Lo definisce un dramma devastante capace di restituire consolazione. Perche’ anche in un mondo intorpidito e travolto dall’angoscia, il sentimento umano e’ ancora possibile. Parla di una dignita’ dallo sguardo triste (quella di Bardem) e della capacita’ (quella di Iñárritu) di raccontare la citta’ di Gaudi’ come un purgatorio, in un contrasto stridente, affascinante, emozionante.
Io sto con l’Inghilterra. Senza ombra di dubbio. Io che questo film l’ho visto due volte in due giorni, facendomi molto male, sto con le cinque stelle di chi ha pianto in sala.
Lo aspettavo con ansia. Con felice e infantile trepidazione. Come alla vigilia di una cosa che si sa, si attende, bella. Iñárritu e’ per me un regista straordinario. Il Regista. Ho visto tutti i suoi film, restandone scossa e incantata allo stesso tempo. Mi piacciono la sua personalita’, la sua tecnica, il suo sguardo. Insomma, lo aspettavo in sala dagli applausi di Cannes dello scorso maggio. E poi e’ arrivato. Venerdi’ 4 febbraio, cinema Eliseo, uno dei miei preferiti. Alla prima scena dopo il flashforward iniziale ho capito che sarebbe stato per me un viaggio devastante, dritto dentro le carni dell’anima, a tormentare una ferita di troppo breve memoria, identica a quella raccontata. E’ cosi’ e’ stato. Scena dopo scena. Dettaglio dopo dettaglio. Di luci e notti. Silenzio e grida. Citta’ e cieli. Nomi e colori. Disperazione e dignita’. Rabbia e amore. Amore. Si’, perche’ come c’e’ mirabilmente scritto sul sito del film alla voce “About”, «Biutiful» is a love story.
Ho visto il film a Milano, in italiano, la sera che e’ uscito. L’ho rivisto un paio di giorni dopo, a Londra, nelle sue lingue originali, sottotitolate. E l’effetto e’ stato, se possibile, ancora piu’ devastante: come in una cassa di risonanza delle emozioni, dove tutto vibra piu’ autentico e immediato. Anche se in una lingua che non e’ la “tua”. Hanno detto che e’ il primo film non corale di Iñárritu. Ma io credo che lo sia quasi piu’ dei precedenti. Perche’ passa dagli stomaci di tutti, ciascuno dal suo punto d’identificazione, a prescindere dalla lingua e dal suono che fanno le parole quando cercano di spiegare le cose.
Al di la’ di quello che ha significato per me, nella memoria dell’esperienza, «Biutiful» e’ un film straordinario. Di tecnica, scrittura, struttura narrativa, interpretazione, musica e fotografia. Perfetto. Anche quando esagera. Perche’ e’ carico, commuovente, violento. Magistralmente costruito attorno a uno straordinario Bardem, iconico nella sua statuaria essenzialita’, di pianto e di sorriso, in una Barcellona riconoscibile solo a tratti. Perche’ Iñárritu le toglie i suoi rumori piu’ consueti, la sua allegria, la sua morbidezza di forme e di colori, la sua accoglienza. Mostrandocela in un crepuscolo di luce e di sguardo lontani dal bagliore del sole e piu’ vicini all’ombra del dolore. Ma senza buio. Perche’ la neve e’ bianca e riflette ogni tipo di luce.